Rilanciamo l’articolo del giornalista e saggista Lino Patruno, “Unità d’Italia: Parlare non è sparare” pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno il 28 luglio 2017 e sul suo profilo Facebook il 29 luglio 2017 sulla proposta di istituire una giornata per la memoria per le vittime meridionali del Risorgimento. Descriviamo prima dell’articolo gli eventi cui si riferisce Patruno.
L’antefatto
I consiglieri del Movimento 5 Stelle hanno presentato in diverse Regioni del Sud nei mesi scorsi una mozione per l’istituzione del 13 febbraio come “Giornata della Memoria per le vittime meridionali del processo di Unità d’Italia”. Il 28 febbraio 2017, il senatore grillino Sergio Puglia è intervenuto in Parlamento dichiarando che “Il tempo è maturo per fare una riflessione e analizzare cosa accadde alle popolazioni civili meridionali e quanto ancora ci costa nel presente. Nei testi scolastici si fa appena un accenno. Chiediamo solo la verità”.
La mozione presentata in Puglia, a firma di Antonella Laricchia, candidata presidente per il movimento 5 Stelle nel 2015, è passata il 4 luglio 2017 con il parere favorevole del governatore Michele Emiliano e della stragrande maggioranza dei consiglieri. La mozione impegna la giunta a “indicare il 13 febbraio come giornata ufficiale in cui si possano commemorare i meridionali che perirono in occasione dell’Unità, nonché i relativi paesi rasi al suolo”.
La data scelta, quella del 13 febbraio, ricorda la caduta della piazzaforte di Gaeta nel 1861, dove i soldati napoletani assieme a Francesco II e alla moglie Maria Sofia, resistettero al brutale e sanguinario assedio piemontese per novantaquattro giorni.
Unità d’Italia: Parlare non è sparare
di Lino Patruno
Non se ne deve parlare. Lo chiede una petizione firmata da una docente dell’università di Bari dopo la mozione del M5S per l’istituzione in Puglia, il 13 febbraio, della Giornata della Memoria per le vittime meridionali del processo di Unità d’Italia. La petizione on line si attende tre decisioni dal governatore Emiliano. Uno, bloccare l’iniziativa. Due, non finanziare alcuna pubblica celebrazione. Tre, non coinvolgere le scuole in alcun modo. Essendo una petizione, non è un ordine. Petizione di privati cittadini dopo che la mozione in consiglio regionale (a nome di tutti i cittadini) è stata approvata da tutti tranne quattro. E condivisa dallo stesso Emiliano.
Ma la petizione giunge dopo che cinque autorevoli storici (sempre dell’università di Bari) avevano definito “operazione neoborbonica” la mozione. Preoccupati che si possa dire agli studenti che il Mezzogiorno è arretrato per colpa dell’unificazione. E che il brigantaggio è stato qualcosa di diverso dai sanfedisti del cardinale Ruffo contro i giacobini. Perché tutto questo sarebbe propaggine estrema di un meridionalismo “piagnone” e rivendicazionista. Francamente (concludono) un epilogo del meridionalismo storico “forse prevedibile”, ma del quale c’è poco da rallegrarsi.
Se questo epilogo del meridionalismo storico (dalle mille facce, peraltro) era “forse prevedibile”, ci si chiede perché i nostri storici non siano intervenuti prima che diventasse grande. Raccontando in modo convincente una verità che evidentemente è messa in discussione. E chiedendosi perché lo è. Fino al punto che si istituisce una Giornata della Memoria che, oltre che commemorare, si propone di mettere appunto in discussione. Cioè discutere quanto era considerato indiscutibile, e indiscusso: il modo in cui si è fatta l’Unità d’Italia. Non di negarla.
I dogmi da non sfidare
I nostri docenti sanno bene che oggi i dogmi fanno venire l’orticaria anche a un papa Francesco. E che il tempo ha scalfito (senza che i Borbone c’entrassero nulla) altri dogmi. Quello della Resistenza, per dire, che fra l’altro è un secondo mito fondativo d’Italia dopo l’Unità, una Rifondazione. Tema sul quale il silenzio doveva impedire che emergessero risvolti di latente guerra civile pur per una sacra lotta che ci ha restituito alla democrazia e alla civiltà dopo il fascismo. Poi è venuto fuori un Giampaolo Pansa a parlarci del sangue dei vinti (l’eccidio dei fascisti) cui si è risposto stalinisticamente demonizzandolo. E figuriamoci quando ha parlato del sangue fra i vincitori, l’eliminazione di concorrenti scomodi per il futuro comunista che sognavano di imporre.
No, non si doveva parlare delle foibe, la pulizia etnica con la quale i partigiani jugoslavi di Tito regolarono a modo loro i conti con gli italiani considerati compromessi col regime. Cinquemila buttati nelle fosse. E per i quali si è istituito un Giorno del Ricordo oltre 60 anni dopo. Perché per tutto quel tempo gli storici che decidono ciò di cui si deve parlare o no avevano deciso che non se ne parlasse. Come ancòra non si parla delle centinaia di migliaia di italiani non solo deportati dalle terre dalmate-istriane ma accolti a sputi ovunque nel loro stesso Paese.
No, non si doveva parlare di Mussolini e di quel rapporto con gli italiani inizialmente più sentimentale che fra dittatore e sottomessi. E Renzo De Felice doveva chiamarsi Renzo De Felice perché non finisse dietro la lavagna in università nelle quali, più che aria, si respirava egemonia di sinistra. Magari, chissà, non si doveva parlare dell’Olocausto, e che pacchia sarebbe stata per chi continua a dire che è tutta una bufala. Non si doveva parlare, chissà, della pedofilia nella chiesa, e non se ne è parlato finché non è scoppiata fra i piedi di una chiesa cui neanche il suddetto Francesco riesce a raddrizzare la testa. E chissà, non si doveva parlare del patto Stato-mafia, delegato alla solita magistratura da una politica che mette la polvere sotto il tappeto come a volte gli storici.
Unità d’Italia: Le convinzioni dei ragazzi del Sud
E quanto alla temuta incursione nelle aule, è stato un Galli della Loggia a dire con sconcerto che ormai è sempre diffusa nelle scuole del Sud la convinzione che sull’Unità non l’hanno raccontata tutta. Allora gli storici si degnino di accompagnarsi con i loro critici nelle scuole, invece di lanciare i “niet”. Per parlare, non per tacere. Per spiegare ai ragazzi del Sud perché devono ancòra emigrare. Anche se c’è chi dice, basta, raccontiamo il Sud in altro modo, come comunque si fa. E se poi si accusa Emiliano di volere con l’operazione “politica” del 13 febbraio raggiungere il senso comune del suo “popolo”, cosa fanno contro questo senso comune: proibiscono e basta?
La Lega Nord è nata in Italia nel silenzio assordante degli storici, e non solo, meridionali. E la storia (non meno della chimica o della fisica o della medicina) si basa sull’evoluzione delle conoscenze, non sull’immobilismo dogmatico. Che allora sarebbe solo potere. No, non si abbia paura.
Alcuni libri di Lino Patruno
Il meglio sud. Attraversare il deserto, superare il divario (2015)
Chi ha detto che il Sud è solo divario col Nord? Perché il temuto deserto del Sud può attendere? Sappiamo che il Sud produce più di interi stati europei? Come mai 500 anni dopo c’è un Galileo Galilei terrone? Conosciamo il Sud in grazia di Dio? Abbiamo mai visitato il Museo degli Orrori contro il Sud? Siamo sicuri che mafia faccia rima con Sud? Qual è il Sud cui conviene restare peggiore Sud? Davvero crediamo che non ci sia anche un peggiore Nord? Cosa spinge sempre più giovani a restare al Sud o a tornarci? Tu non conosci “Il meglio Sud”. Tu non conosci le Resistenze del Sud: la traversata dei cento nuovi Mose, il fior fiore delle cento idee creative, le trincee dei cento ribelli positivi. Questo libro è un viaggio nel giorno buono di un Sud che entra nel futuro del mondo tecnologico partendo dal passato della città di pietra.
Ricomincio da Sud. È qui il futuro d’Italia (2012)
Lo sapevate che, se non ci fosse il Sud, l’Italia non avrebbe aerei e auto, acciaio e olio d’oliva, computer e cellulari, benzina e medicine? Lo sapevate che il Sud considerato improduttivo produce almeno 71 inaspettati tesori? Lo sapevate che Cristo si è mosso da Eboli dove si era fermato? Lo sapevate che senza il Sud neanche il Nord sarebbe Nord? Lo sapevate che al Sud c’è un Sacro Graal col segreto del vero benessere? Lo sapevate che il Sacco ai danni del Sud è 29 volte peggiore del Sacco del Nord? Se non sapevate tutto questo, “Ricomincio da Sud” è una visita guidata verso una terra che, senza indulgenze ma anche senza pregiudizi, racconta se stessa invece di essere sempre raccontata da altri. Per capire perché il Sud conviene a tutta l’Italia. Per capire perché il Sud è il nuovo ombelico del mondo. Mezzogiorno è l’ora dalla quale ripartirà tutto.
Fuoco del Sud. La ribollente galassia dei Movimenti meridionali (2011)
C’è un “Fuoco del Sud” che arde sotterraneo e che potrebbe irrompere proprio mentre si celebrano i 150 anni dell’Unità d’Italia. Un “fuoco” tanto sofferto quanto ignorato. Si alimenta di centinaia di movimenti, associazioni, comitati, gruppi, intellettuali che un secolo e mezzo dopo chiedono ancora rispetto per il sacrificio imposto al Sud nella nascita della nazione, che si battono per liberare il Sud dalla sudditanza subita sull’altare del patriottismo e della retorica. Sono i “nuovi briganti” della comunicazione e dell’indignazione di cui il Sud ha bisogno. E che grazie anche alle moderne armi di Internet raccolgono e diffondono sia un ritrovato orgoglio meridionale, sia la rabbia per la storia taciuta dalle reticenze degli archivi e delle accademie. Con la denuncia delle clamorose responsabilità dei governi nel disegno preordinato e sistematico di un Sud da mantenere arretrato. Il libro è un viaggio giornalistico pieno di sorprese in questo “Fuoco del Sud” che annuncia una insurrezione non soltanto delle coscienze. Un racconto ribollente tra una serie di “non è vero”, tutte le stazioni della “Via Crucis” del Sud e finalmente risposte alla domanda: che fare?